La transizione verso la mobilità elettrica porterà benefici non solo per l’ambiente e la salute pubblica, bensì anche all’occupazione nel nostro Paese.

Nel 2030 il settore automobilistico italiano conterà 296.800 posti di lavoro rispetto ai 280.000 del 2022, con una crescita del 6 per cento, seppur a patto di cogliere le principali sfide dell’immediato futuro: il riciclo dei componenti e la riconversione delle piccole e medie imprese.

A queste conclusioni è giunta la ricerca “L’evoluzione del settore automotive in Italia. L’impatto della mobilità sostenibile su economia e lavoro”, condotta da Rome Business School. Uno studio che confuta una delle tesi più critiche rispetto all’accelerazione imposta dall’Europa verso l’elettrificazione del comparto che paventa la perdita di migliaia di posti di lavoro. Per le imprese specializzate nella produzione di componenti, la sola creazione di infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici – che si stima sia di 3,2 milioni di punti di ricarica domestici e 110.000 punti di ricarica pubblici – genererà oltre 4.000 nuovi occupati diretti entro il 2030.

Fabrizio Zucca, esperto di automotive e sostenibilità che ha curato la ricerca, evidenzia che “sono a rischio tanti posti di lavoro, ma le piccole e medie imprese hanno la capacità e le conoscenze per adattarsi e così mitigare l’impatto del passaggio alla mobilità elettrica”. Con queste prospettive, nell’immediato futuro “è fondamentale sostenere la loro riconversione verso nuove tecnologie e favorire l’adozione di nuovi modelli di business per garantire la competitività dell’intero settore automobilistico italiano”. 

Le imprese sono pronte, spetta ora ai decisori premere sul pedale dell’accelerazione dei progetti del Pnrr e di infrastrutturazione della rete stradale, ma anche della formazione e dell’incentivo alla transizione economica ed ecologica. 

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