La transizione verso la mobilità elettrica non è soltanto una questione tecnologica, ma una necessità. A confermarlo è l’ultimo rapporto Agenzia europea dell’ambiente (EEA) “Healthy environment, healthy lives: how the environment influences health and well-being in Europe” (Ambiente sano, vita sana: come l’ambiente influenza la salute e il benessere in Europa) secondo il quale la scarsa qualità ambientale contribuisce al 13 % dei decessi del Vecchio continente, di fatto 1 cittadino su 8. In termini numerici significa oltre 400.000 morti premature all’anno per l’inquinamento dell’aria, 12.000 per l’inquinamento acustico e un numero non precisato per gli effetti dei cambiamenti climatici, in particolare per le ondate di calore che in futuro potrebbero arrivare a provocare fino a 130.000 morti l’anno. Al computo, inoltre, dovrebbero aggiungersi i decessi dovuti alla scarsa qualità dell’acqua, all’esposizione a sostanze chimiche dannose (ad esempio, quelle rilasciate dai pesticidi) e ai disastri ambientali come le inondazioni. Nel complesso, dunque, sarebbero oltre 630.000 le persone decedute per cause “ambientali”. 

Sono le “polveri” il problema principale

“Esiste un chiaro legame tra lo stato dell’ambiente e la salute della nostra popolazione. Tutti devono capire che prendendoci cura del nostro pianeta, non stiamo salvando soltanto gli ecosistemi, ma anche le vite, soprattutto quelle più fragili”. A dirlo è Stella Kyriakides, Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare, nel commentare i risultati del rapporto. La principale causa, come detto, è l’inquinamento atmosferico, in particolare per concentrazione di polveri sottili (PM 2,5) nell’aria che provocherebbe 379.000 decessi prematuri nell’Unione europea a 28 (quindi inclusa la Gran Bretagna). A ridurre gli anni di vita sarebbero soprattutto di cancro ai polmoni, malattie cardiache e ictus. Un numero in calo rispetto al milione di morti premature rilevate nel 1990, ma che rimane preoccupante soprattutto in alcune aree, compresa la pianura padana. L’andamento decrescente, in ogni caso, conferma la validità delle politiche ambientali intraprese nel passato in Europa per la riduzione degli inquinanti nell’aria e induce a persistere con più intensità nella direzione “green”.

In crescita i morti per rumore

Altri inquinanti monitorati dall’EEA che riducono le aspettative di vita sono il diossido di azoto (NO2), responsabile di 54.000 decessi prematuri, e l’ozono (O3), al quale si possono attribuire 19.400 decessi all’anno. L’altro inquinante “assassino”, come detto, è il rumore, fattore spesso poco considerato, ma che nell’Unione europea “uccide” fino a 11.700 persone. A differenza dello smog, però, l’inquinamento acustico, in gran parte da attribuire al traffico stradale, ha un andamento nel tempo in ascesa e sta assumendo sempre più rilevanza nel computo dei decessi ambientali.  
Dalla ricerca EEA emergono altre considerazioni di interesse, come il legame tra decessi ambientali e ricchezza. Le persone più povere, infatti, sarebbero esposte “in modo sproporzionato all’inquinamento atmosferico e alle condizioni meteorologiche estreme, comprese le ondate di caldo e freddo estremo. Ciò è dovuto ai luoghi in cui vivono, lavorano e vanno a scuola, spesso in quartieri urbani socialmente svantaggiati e vicini al traffico intenso”. Lo studio, inoltre, conferma il legame tra inquinamento atmosferico a tassi di mortalità più elevati per Covid-19.

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