La necessità di interventi in favore del sistema della mobilità è sottolineata nella quasi totalità dei documenti programmatici della UE. La mobilità urbana è di particolare rilevanza se si considera che quasi il 40% della percorrenza del parco veicoli nazionale si sviluppa nelle aree urbane, e che gran parte del trasporto di medio e lungo raggio ha come nodi di partenza, di arrivo o di attraversamento, le città, in cui è concentrata circa il 72% della popolazione europea, con stime a crescere nei prossimi anni.

La sfida sarà quella di perseguire un approccio alla mobilità che sappia garantire ed accrescere l’accessibilità delle aree urbane, elemento cruciale per promuovere lo sviluppo del territorio e, al contempo, minimizzare le esternalità negative prodotte da uno sviluppo squilibrato dei sistemi di trasporto. Tale prospettiva nasce dalla necessità di innescare un percorso virtuoso che accresca l’offerta di servizi integrati per chi si muove in città, a basso impatto ambientale.

La mobilità delle aree urbane non riguarda esclusivamente la mobilità delle persone: fenomeni emergenti legati all’e-commerce, quali la shared economy e disruptive logistics, hanno determinato una proliferazione di micro consegne ed una parcellizzazione delle spedizioni che hanno determinato diseconomie nel ciclo distributivo. Anche il tema della distribuzione urbana delle merci è divenuto un argomento altamente strategico.

Spostarsi è sempre un diritto ma i costi crescenti possono essere proibitivi: «è una questione di sostenibilità sociale, non solo ambientale», ma a parte Milano e qualche altra città, l’Italia non ha fatto passi in avanti negli ultimi 20 anni. Siamo ancora uno degli ultimi paesi al mondo.

Negli anni della crisi, coincisi a loro volta con i rincari del petrolio, ricordiamo purtroppo che non c’è stata una migrazione dall’automobile di proprietà ai mezzi pubblici e alla bicicletta bensì un aumento degli italiani immobili, passati dal 16% al 25% del totale tra il 2006 e il 2012.

Ma l’esperienza di Milano insegna che un altro mondo è possibile. Rispetto a 20 anni fa, Milano conta 100 mila abitanti in più e 100 mila macchine in meno e il risultato è che la gente si muove di più: oltre un quarto dei suoi cittadini effettua almeno 3 o 4 spostamenti al giorno utilizzando fino a 7 mezzi o servizi diversi a settimana». Il divario tra metropoli e provincia è evidente. Ma la strada, in ogni caso, è già tracciata.

Il 2020 sarà un anno importante per il posizionamento del nostro paese nel settore della mobilità elettrica anche alla luce dell’entrata in vigore delle direttive europee Nell’ottica di ridurre le emissioni CO2, il 25 febbraio 2019 il Parlamento Europeo ha approvato nuove regole sulle emissioni di CO2 delle auto che si riducono ulteriormente a 95 g/km che entreranno in vigore a partire dal 2021.

Ma c’è un problema. L’applicazione della direttiva europea non avviene per ogni singolo stato: la compensazione per raggiungere il limite massimo permesso di CO2 avviene su tutto il parco macchina venduto in Europa.

Cosa potrebbe accadere se il poco coraggio della politica italiana continuasse su questa strada? Il nostro paese potrebbe diventare la “discarica “dei diesel di tutte le case automobilistiche estere.

Il rischio è che la “compensazione” per raggiungere la media dei 95 gr./ km di CO2 avvenga in altri stati europei dove il mercato degli EV è più maturo e dove i diversi governi stanno sostenendo il mercato con importanti aiuti economici.

 Comunque è stato significativo e di buona speranza è stato inoltre il risultato del contributo della regione Lombardia dove era possibile acquistare anche veicoli alimentati a GPL, Metano, Benzina e diesel Euro 6. Quasi il 50% della cifra disponibile è stata destinata all’acquisto di veicoli elettrici (e_mob ha svolto un lavoro importante per trovare una sintesi condivisa con l’assessore Raffaele Cattaneo).

Perché abbiamo avuto questo successo in Lombardia?

Per due motivi: il massiccio contributo economico concesso dal governo e dalla regione e il lavoro che i comuni della comunità di e_mob hanno fatto per ridurre l’inquinamento atmosferico nelle aree metropolitane.

 Il cittadino ha colto immediatamente da una parte l’opportunità dell’incentivo economico e dall’altra ha percepito come certe e strutturali le scelte precise dei comuni metropolitani.

Sono infatti di recente scattate le prime limitazioni permanenti al traffico in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Si tratta di misure più severe rispetto a quelle dello scorso inverno: da quest’anno, infatti, il divieto di circolazione nei giorni feriali vale anche per i veicoli diesel Euro 3 (oltre che per i mezzi benzina Euro 0, diesel Euro 0, diesel Euro 1 e diesel Euro 2) indipendentemente dai livelli d’inquinamento.

Il blocco della auto diesel in queste 4 regioni padane varrà anche per i prossimi anni. 

La limitazione è estesa alla categoria diesel Euro 4 dal 1 ottobre 2020 e alla categoria diesel Euro 5 dal 1 ottobre 2022.

Che fare?

L’Italia, se si cominciasse a ragionare in squadra– con uno dei tassi di motorizzazione tra i più elevati in Europa ed elevati costi sociali del trasporto – potrebbe cogliere importanti opportunità di sviluppo in questo settore: può basarsi sulla specializzazione e sulle competenze di riferimento delle molteplici filiere produttive direttamente e indirettamente collegate all’industria automotive e beneficiare dei piani di investimento previsti nella mobilità sostenibile e dallo sviluppo del mercato, stimolando così crescita e competitività, anche per l’espansione internazionale delle imprese legate alla e-Mobility.

Il settore è connotato da un forte dinamismo, in quanto più di 2 aziende su 5 hanno meno di 20 anni di vita (la quota di aziende con meno di 10 anni ammonta al 22% del totale). Negli ultimi anni sono inoltre nate numerose start-up e PMI legate alla mobilità elettrica e focalizzate su beni e servizi ad alto valore aggiunto e tasso di innovazione, tra cui: produzione di veicoli elettrici a due ruote, servizi di car sharing, sistemi di geolocalizzazione, soluzioni per la digitalizzazione e la connessione dei veicoli, sistemi di ricarica elettrica e di qualificazione elettrica (retrofit). La crescita e il consolidamento di imprese innovative e la loro collaborazione con i principali operatori italiani del settore rappresenteranno una importante leva per competere non solo con i maggiori player delle economie occidentali (USA ed Europa), ma soprattutto con quelli dei mercati emergenti (asiatici, in primis).

L’intera filiera della mobilità elettrica in Italia potrebbe valere circa 6 miliardi di Euro. (Motus E / Studio Ambrosetti)

Per raggiungere questo obiettivo la comunità di e_mob deve impegnarsi su diversi fronti e, a cominciare dal comitato scientifico, stiamo già elaborando delle proposte concrete per il nostro paese che saranno elaborati nei prossimi mesi e presentati ufficialmente durante e_mob 2020. Avanti con forza e coraggio

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